In fondo a destra



Yemen.
Sin dall'albore dei commerci si parla di questa terra ricca di mercanzie, di cultura e di valorosi combattenti che mai sono arretrati di fronte ai conquistatori che varcarono le montagne e i deserti che cingono questo territorio senza tempo.
Arabia felix la chiavano, per indicare la ricchezza di quella landa. L'incenso ne era la fortuna, ma negli anni il culto degli idrocarburi e l'importanza strategica lo ha riportato in auge.
Ora i media parlano di un paese a rischio, lo danno colluso con i terroristi, reputano che in circolazione ci siano tre armi da fuoco per persona e che la droga spenga un popolo.
Urge una missione!

Il Consiglio Imperiale non ha tentennato nell'accendere la "luce verde", ma per questa missione servivano le perle dell'Impero e le nostre truppe migliori erano bloccate in vitali missioni a Bucaresti e a Bancok, allora, i due Reggenti del Glorioso Impero si sono offerti per condurre la spedizione.
La missione ha inizio con il nome in codice "in fondo a desta" e come un formicaio che si risveglia allo sbocciare del primo fiore dell'anno, l'Impero si attiva per organizzare la conquista. Laboriosi compilano carte e dal quartier generale partono chiamare in ogni dove, per far entrare nel paese i due inviati con false identità e il materiale necessario per svolgere la missione.
La partenza è vicina e i preparativi sono ultimati, non resta che organizzare la festa di pre-missione, con tutti i prodotti italici, che per un po di tempo i due conquistatori non avranno la possibilità di gustare.
Birra, spirtz, vino, pizza, amaro, e i due copresidenti lasciano lo Stato Brado per andare a portare il doppio sapore in quell'angolo del globo ai più sconosciuto.


Di seguito parti del rapporto del Co-Presidente P:
Con apprensione lascio il Divano del Potere, ma son fiducioso dei miei sudditi. Con loro ho condiviso i migliori e i peggiori sapori della vita, e so che saprebbero difendere lo Stato Brado in caso di invasione.
Scesi dall'aereo, il nostro contatto, era ad attenderci con un auto non appariscente. Perfetto!
Era la prima volta che lo incontravo e solitamente avanzo critiche sulle scelte dei collaboratori indigeni, taluni estroversi, altri invece taciturni, ma questa volta il Consiglio ha procurato una valida persona inserita nel tessuto sociale della capitale e posizionata in un punto cardine del transito di personalità influenti nel paese. I primi giorni, sono dedicati a trovarci un alibi da turisti, giriamo nella capitale Sana'a e cerchiamo di percepire il ritmo e confonderci con i locali.



Magri omuncoli e donne in nero erano indaffarati nelle loro faccende e la loro ospitalità mi ha disarmato. Più il tempo passava, più dubitavo delle fonti che avevo e meditavo su cosa fare alle spie dell'Impero che mi avevano mentito sulla situazione Yemenita.
Mi aspettavo di trovare guerriglieri che aprissero una lattina con un colpo di AK47 o mercati che sfilassero con casse di bombe a mano per un'asta improvvisata, invece nulla di tutto ciò. Facciamo amicizia con molte persone e cerchiamo di assimilare quanti più dettagli per mimetizzarci ed evitare i posti di blocco atti a fermare i turisti curiosi e debosciati.
Nel frattempo il nostro contatto, che indicherò con S per tutelare il sua identità, ha trovato un indigeno, che fedele all'Impero, è disposto a condurci nel sud del paese per conoscere uno Yemen considerato offlimits.
S ci fa pervenire un messaggio con scritto il luogo e l'ora del randez-vous con il compiacente driver. L'appuntamento è fissato davanti ad un famoso albergo e noi fingendoci clienti del hotel, saliamo sulla sua macchina. Land Cruiser Toyota, ben tenuta, forse troppo per le mie aspettative, il suo cavaliere si chiama Malek, e il suo baffo nasconde molto.
Passano minuti di silenzio, ci scrutiamo e cerchiamo di percepire il più possibile l'uno dell'altro, per quanto ne potessi sapere io, poteva essere una spia del Demanio, acerrimo nemico dell'Impero.
Un posto di blocco da la possibilità di vedere le sue carte e Malek. Con disinvoltura risolve un problema potenzialmente fatale e placa la veemenza dei militari stolti. Proseguiamo con celerità verso le desolate lande ove la polvere e il sole imperano.




Esploriamo città dal colore della sabbia, dove il giocare dei bambini nei stretti vicoli rompe il silenzio, e proseguiamo verso le piovose alture di Ibb e Ta'izz dove i terrazzamenti un tempo adibiti a coltivazioni di caffè, ora trovano dimora rigogliose piante di qat.
Il catha edulis è un sempreverde, dal portamento simile alle piante che cingono i nostri giardini l'Organizzazione Mondiale della Sanità lo ha classificato tra le droghe: i principi attivi che contiene sono La Catina ed il Catinone, composti fenilalchilaminici analoghi alle anfetamine ed alla cocaina. Euforizza o rilassa, a seconda dell'ambiente in cui lo si assuma, allevia la fame e la fatica ed è un valido analgesico.
L'Impero aveva posto come obiettivo fondamentale la presa delle alture e la valutazione del qat come sostanza ricreativa, e noi meticolosamente abbiamo attuato il piano.
Attorno a questi soffici germogli si aggira un incredibile giro di denaro, i grandi proprietari terrieri preferiscono piantare qat, piuttosto del nativo caffè (originario proprio di quell'area), perchè più remunerativo, auto sfrecciano dalle montagne ai più remoti suq (mercati) del paese per consegnare la merce in tempo per l'ora di pranzo e coloriti venditori rendono felici molti consumatori che nel primo pomeriggio si accasciano masticando una palla di qat che a lungo andare deforma le guance.


Grazie ai contatti del nostro fido Malek, penetriamo nei suq e acquistiamo le pregiate foglie per poi trovare asilo nei mufraj (salotti) di amici dell'Impero per gustare gli amari germogli, conosciamo gli usi degli yemeniti e con loro dividiamo il pomeriggio in un rito paragonabile al nostro vino.
Abituati ai ritmi e alla intensità delle usanze occidentali, in qat è una droga insulsa, e per comprenderne la valenza dobbiamo impegnarci parecchio, ma l'Impero non conosce sconfitta!
La nostra conclusione è che il qat è gioia e giogo dello Yemen.



Altro obiettivo della spedizione è conoscere l'AK47.
Su una strada sconnessa, dove jeep e moto sovraccaricate sfrecciano tra la polvere, si consumano i brevi minuti di assoluta intimità tra me e il Kalashnikov di Wasel. Oggi la lattina è il mio nemico, ma io già la odio come se fosse il mio acerrimo rivale.
«Ti ho visto nei film, nei videogiochi e ti sogno appeso sopra al letto, ma quando ti incontro mi stupisci per la tua semplicità.
Tu Kalashnikov, Ak 47, arma senza tempo e senza patria, tu fucile automatico che mai si inceppa, ora sei tra le mie mani e solo il tuo peso mi dice che sei vero. Ti amo e ti temo, ed odio il tuo inventore per non averti dato un nome più femminile.
Wasel ti passa senza dire nulla, io ti afferro stretto e con lo sguardo cerco il mio target. Posa eretta e sicura, come solo uno scultore ellenico immagina un guerriero, cerco un valido appoggio tra le rocce di quella strada nelle vicinanze di Beat Al Mgalo, porto il calcio tra il pettorale ed il deltoide e fisso la lattina attraverso il tuo occhio. Il buon Malek si avvicina e sottovoce mi da dei consigli, come per non farsi sentire da te, abituato ad essere brandito dai beduini.
Tolgo la sicura, e già il suono mi piace, fisso la maledetta lattina, inspiro, espiro, e premo la leva di scatto.
Accarezzo il tuo grilletto, clitoride bellico, ed una forza prorompente si libera. Il tuo urlo di piacere mi investe, la valle riecheggia del tuo canto ed io rimango basito assaporando l'odore della polvere della sparo che mi pervade e mi inebria.
Il primo colpo non si scorda mai e non riesco a placare quel desiderio di sentirti nuovamente cantare ad un mio comando.
Seguono altri tre colpi e solo il sopraggiungere di una moto placa la mia sete di piombo.
L'attesa è interminabile, ma già so che i trenta colpi del tuo caricatore non mi basteranno, non oggi, non dopo averti visto per la prima volta.
In quel breve periodo che da modo alla moto scoppiettante caricata della famiglia del guidatore e due taniche d'acqua vuote, di superare la curva e perdersi in una nuvola di polvere e fumi di combustione saturi d'olio, mi guardo, e vedo un ragazzino che stringe tra le mani il giocattolo tanto atteso, vedo un apprendista beduino vestito di tutto punto con due yemeniti dallo sguardo severo che mi osservano.
Sono felice e chiudo in bellezza, sposto la leva su automatico e la raffica parte.
Sapevo che era troppo, ma ho voluto sfidarti. A momenti mi sfuggi, ma il piacere è impagabile.
Come a suggellare il mio amore, raccolgo un feticcio ancora caldo da portare in patria e mostrare ad amici per dire di averti incontrato, di averti stretto tra le mie mani se pur per un breve tempo.
In un libro di filosofia ho letto di un tale che diceva: "l'unico modo per levarsi una voglia è cedervi", bhe costui si sbagliava, se ti incontrerò nuovamente dovrai fuggire con me!»



Una terra per veri esploratori che ti chiede solo di lasciare a casa i pregiudizi.


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